Mia sorella dai piani alti ci chiama al suo capezzale per renderci edotti
che è raffreddata e necessita delle migliori cure e terapie del caso. Ne
segue quindi che la persona designata ad andare fino in farmacia a rifornirla
di panacea sono proprio io medesimo. Ringrazio per la fiducia, esco di casa,
faccio innanzitutto una tappa preliminare al tabaccaio per comprarmi le
sigarette, salto quindi la prima farmacia vista la mancanza di parcheggio e
tento la fortuna in quella successiva. Qui trovo parcheggio. Al bancone mi
informo scrupolosamente sui farmaci più all’avanguardia per il trattamento dei
raffreddori. Il luminare nelle cui mani mi affido supinamente viene subito in
mio soccorso stendendo l’inventario delle virtù medicamentose di tutti i
palliativi distillati dal veleno della serpe di Ascelpio. Data la delicatezza
della situazione ritengo necessario paralizzare la fila dietro di me per
concedermi di ponderare con meticolosità la mia scelta. Alla fine, in mancanza
di supposte adatte all’uso, mi decido per uno spray nasale e delle compresse da
assumersi per via orale. Quando faccio ritorno a casa, invece di essere accolto
quale l’eroe che ho ritenuto di essere, mi si rinfaccia pure di averci
impiegato troppo tempo. Non senza una certa preoccupazione mi sincero dunque
che la mia povera sorella non fosse deceduta durante il periodo della mia
assenza strozzandosi con uno starnuto.
Ciò premesso lascio la seguente aforistica riflessione che non ha
assolutamente niente a che vedere con l’introduzione di cui sopra:
una buona coscienza è il sonnifero prescritto dalla propaganda umanitaria
per guastare il sonno altrui con il chiasso del proprio ronfare.
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